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È infrequente, allorquando si offre in affitto un immobile, abitativo o commerciale, che il futuro inquilino chieda un “contributo” con una riduzione del canone specie all’inizio.

Contratto e canoni crescenti

Nei contratti di locazione, soprattutto in quelli per unità ad uso commerciale, è facile leggere clausole che prevedono la corresponsione di un canone ridotto, il primo anno o i primi due, a ristoro delle spese di !avvio” dell’attività commerciale.

Profili fiscali “in pericolo”

Nulla da dire sulla legittimità della richiesta del conduttore e sulla opportunità di un patto sui canoni, che preveda una “moratoria” all’inizio della locazione (della classica durata di 6+6).

Da un punto di vista legale nessun problema, qualche rischio c’è invece in sede di controllo da parte dell’Agenzia delle entrate.

Agenzia delle Entrate

Lo scambio è intuibile: io proprietario ti riconosco un canone più basso per un ano o due e tu conduttore in cambio mi “rinfreschi” intonaco e tinteggiatura, modifichi e implementi qualità nei pavimenti e nei bagni.

L’Agenzia delle Entrate conosce e applica l’art. 11 della legge iva: in caso di cessione di beni, o dii servizi resi, a fronte della cessione di altri beni, il corrispettivo di ogni singola cessione è tassato autonomamente.

Questa sorta di baratto (riduco il canone in cambio di un abbellimento dei locali) ai fini iva comporta due operazioni incrociate e quindi due fatture che si incrociano, o meglio, che si devono incrociare.

Se il locatore è un privato?

Il proprietario persona fisica privata concede in locazione un negozio e il commerciante/inquilino chiede un canone ridotto per i primi due anni.

Tutto bene?

C’è lo sconto, c’è il corrispettivo incrociato, ma naca la partita iva nel privato cittadino che loca l’immobile.

Il rischio esiste anche tra privati

Se nel contratto viene stabilito che il canone è ridotto ad esempio del 30% il primo anno in contropartita delle manutenzioni straordinarie di cui si fa carico il neo conduttore, qualche funzionario del Fisco potrebbe avanzare obiezioni.

Il canone “corretto” è quello che si applica a regime.

Il canone ridotto è minore perché pari alla differenza tra il canone “a regime” e la spesa di manutenzione straordinaria sostenuta dal ne conduttore.

Il canone “tassabile” è quello non scontato anche il primo anno: la sconto non è tale ma è il ristorno di una spesa che migliora l’immobile.

Poiché per la legge fiscale negli affitti si pagano le tasse sul 95% del canone (100% in cedolare secca) senza dedurre alcun costo, facile sarebbe per il fisco contestare una errata indicazione del canone.

Cosa non scrivere nel contratto

Abbiamo visto che il problema non è lo sconto concesso, ma l’esistenza di una contropartita a fronte della riduzione.

Il locatore sconta il canone il primo anno in cambio di lavori di ristrutturazione sull’immobile.

Evitare rischi non è complicato: il locatore riduce il canone il primo anno, punto; il perché lo faccia, per bontà d’animo o in cambio di qualcosa non interessa scriverlo.